Ahmad Yamani (Il Cairo, 1970) risiede in Spagna dal 2001 e è dottore di ricerca in Lingua e Letteratura Araba presso l’Università Complutense di Madrid. Lavora par l’emissione araba della Radio Exterior de España. Collabora con riviste e giornali del mondo arabo como scrittore e traduttore. Ha pubblicato cinque libri di poesia in arabo con i quali ha ricevuto i seguenti premi: Rimbaud (Il Cairo, 1991) – in omaggio al poeta francese- , conferito dal Ministero della Cultura Egiziano e dal Ministero della Cultura Francese; Hay Festival di Beirut39 (Londra, 2010) come uno dei migliori scritori arabi sotto i quaranta anni. Alcune delle sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, tedesco, polacco, rumeno e castigliano, e sono state pubblicate in rivista e in volume. Ha partecipato a importanti rassegne internazionali di poesia. Ha ricevuto la Borsa Vermont Studio Center e la Distinzione Poetas de Otros Mundos, del Fondo Poético Internacional. Ha tradotto all’arabo Rubén Darío, César Vallejo, Ángel Valente, Adolfo Bioy Casares, Miguel Casado, Rosendo Tello, Ángel Guinda e altri poeti contemporanei spagnoli e latinomaericani.
UTOPIA DELLE TOMBE
1
Pareti non imbiancate,
il pavimento pieno di cocci,
ossa deboli che non stanno in piedi,
e le mie ossa legate, al centro.
Penso di organizzare una piccola manifestazione
di protesta, contro gli angeli che hanno proibito
il calcio che ci è necessario.
Dio tende la sua ombra sul buco in cui ci troviamo,
e ci lascia indugiare nel sonno;
cade una macchia di luce sulle sue mani,
entra un corpo oscuro,
la macchia si secca,
e conosciamo il nostro nuovo compagno:
ha un cuore grande,
distribuisce sigarette con una generosità crescente
e la sua voce ci piace fin dall’inizio, quando sussurra:
Che diavolo sta succedendo qui?
2
Qui non ci sono natiche
né sangue,
como potrò mai immaginarmi l’aspetto di una donna?
E come masturbarmi in modo soddisfacente?
Persino le nostre lacrime
qui si sono seccate;
ci rimane soltanto una calma assassina,
serpenti che ci torturano con la loro immagine,
senza che pronunciamo una sola parola.
La terra è molto ampia,
ma questa è una cosa che non ci aiuta affatto
a respirare bene.
3
Ho sputato verso l’alto
e la saliva si è appiccicata sul tetto della tomba.
Nei cadaveri dei miei vicini ho visto sguardi affettuosi,
esplosioni di budella come fossero una risata.
Fra i resti del cibo si sono formati migliaia di vermi
che hanno ingollato il nostro sangue,
sebbene le nostre ossa fossero ancora forti.
La mia amata se ne è andata con il resto
del corteo funebre, ma cosa ne farò delle sue lacrime?
Forse il mio odio si attenuerà nelle stanze chiuse?
Le iniezioni di tranquillante riusciranno
a far abbassare la febbre?
Le tenebre sono scese su di noi come una gallina
ma non saremo altro che morti
che sanno solo parlottare
e pisciare di pomeriggio.
4
Le nostre grida all’alba
non le ha sentite nessuno.
I latrati là fuori
ci spingono alla tenerezza.
Strisciamo, perché le nostre ossa si sfiorino
e possiamo amarci ancora;
ognuno parla della sua oscura infanzia
mentre scambiamo risate,
perché non abbiamo un orologio a muro
per sapere quando verrà la nostra ora.
5
Madre,
ti supplico,
quando saprai che sono entrato nella mia nuova casa,
non piangere,
perché voglio serbare i tuoi occhi per i giorni che verranno.
Stai tranquilla,
muovi la testa tre volte,
e dai un bacio all’aria.
Faremo gazzarra con i miei amici di qui,
che si congratuleranno della mia nuova casa.
Lascerò la porta socchiusa
per aspettare il tuo bacio.
E quando, come me, avrai una casa nuova,
che sia vicino alla mia, ti prego,
perché possa sentire il tuo respiro.
Respirerò quasi senza dolore,
e la mia morte avrà quell’immagine finale
che ho faticato tanto a preparare.
6
Nella stanza vicina,
da cui ci separa solo una tenda di tela,
le donne si tolgono i loro sudari
e si distendono, bianche.
Dopo tentativi disperati, riusciamo
ad aprire un buco nel lenzuolo.
Le nostre ossa si alzano improvvisamente,
quando vediamo la prima donna che si spoglia
e lascia i suoi abiti in un angolo della stanza.
La scorsa notte
abbiamo cercato di rompere la tenda,
ma è sempre più resistente,
e dobbiamo accontentarci di osservare le bianche ossa
che si mantengono lontane da noi.
7
La porta della stanza è aperta
e fuori la famiglia è completamente addormentata.
Passi militari risuonano sulle nostre teste;
distruggeranno le nostre case per innalzare un ponte.
Piangeremo coi nostri amici,
e metteremo i libri sotto i cuscini,
sorrideremo all’idea dei nostri assurdi ricordi
e del sentimento che poco a poso si secca.
8
Hanno chiuso bene la tomba
e hanno gettato le chiavi nello stomaco del becchino.
Perché ci abbandonate fuori città?
Dobbiamo rimanere assieme
quando verrà il temporale,
per poter cantare sotto la pioggia.
Potremo parlare dei veicoli
che ci hanno trasportato lungo le strade per poi ritornarsene vuoti.
Le lacrime che poco a poco vi si sono accumulate
bastano a inzuppare le nostre ossa.
Quando uno di noi scivolava per rubare un fiammifero
illuminavamo la tomba
e metà dei sepolcri del mondo si accendeva durante tre giorni.
Ma poi il becchino ha vomitato,
e siamo usciti, sfilando ordinati,
intonando in coro canzoni sulle mosche
che dormivano nei nostri orecchi,
e sulla nostra figura che seduceva le adolescenti,
e le nostre masturbazioni ripetute
che cadevano in un grande barile che chiamano vita.
Traduzione di Manuele Masini